Il 1º maggio 1947, nel secondo dopoguerra, si tornava a festeggiare la festa dei lavoratori, spostata al 21 aprile, ossia al Natale di Roma, durante il regime fascista. Circa duemila lavoratori della zona di Piana degli Albanesi, San Giuseppe Jato e San Cipirello, in prevalenza contadini, si riunirono in località Portella della Ginestra, nella vallata circoscritta dai monti Kumeta e Maja e Pelavet, per manifestare contro il latifondismo, a favore dell'occupazione delle terre incolte e per festeggiare la vittoria del Blocco del Popolo nelle recenti elezioni per l'Assemblea Regionale Siciliana, svoltesi il 20 aprile di quell'anno e nelle quali la coalizione PSI - PCI aveva conquistato 29 rappresentanti su 90 (con il 29% circa dei voti) contro i soli 21 della DC (crollata al 20% circa). Improvvisamente dal monte Pelavet partirono sulla folla in festa numerose raffiche di mitra, che si protrassero per circa un quarto d'ora e lasciarono sul terreno undici morti (nove adulti e due bambini) e ventisette feriti, di cui alcuni morirono in seguito per le ferite riportate. Queste le undici vittime, così come riportate dalla pietra incisa posta sul luogo del massacro:
- Margherita Clesceri (minoranza albanese, 37 anni)
- Giorgio Cusenza (min. albanese, 42 anni)
- Giovanni Megna (min. albanese, 18 anni)
- Francesco Vicari (min. albanese, 22 anni)
- Vito Allotta (min. albanese, 19 anni)
- Serafino Lascari (min. albanese, 15 anni)
- Filippo Di Salvo (min. albanese, 48 anni)
- Giuseppe Di Maggio (13 anni)
- Castrense Intravaia (18 anni)
- Giovanni Grifò (12 anni)
- Vincenza La Fata (8 anni)
Si tratta della prima strage dell'Italia repubblicana, dove alle undici persone morte ammazzate, si aggiunsero una trentina di feriti e successive tre morti a causa delle ferite.
Angelo Gentilini, da info wikipedia.org/Strage_di_Portella_della_Ginestra