Quando parliamo di acqua, spesso
diciamo:”Si scrive acqua , ma si legge democrazia.” In questi
anni, soprattutto dopo il Referendum del 2011, è stata la volontà
popolare, e cioè la democrazia, ad essere negata! La Costituzione della Repubblica
Italiana afferma:”La sovranità appartiene al popolo che la
esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.”(art. 1)
Secondo la nostra Costituzione, l’unica volta che il popolo può
esercitare direttamente tale sovranità è con il Referendum
abrogativo (art.75). Con il Referendum del 2011, il popolo italiano
(ventisei milioni di cittadini!) ha detto Sì a due domande: l’acqua
deve essere tolta dal mercato e non si può fare profitto sull’acqua.
Questa è la volontà del popolo italiano. Il Parlamento italiano doveva tradurre
in legge questa decisione del popolo. Invece il Parlamento non l’ha
mai fatto, pur avendo a sua disposizione La Legge di iniziativa
popolare (2007) che aveva ottenuto oltre cinquecentomila firme!
Quella Legge ha dormito sonni tranquilli, rinchiusa nel cassetto
della Commissione Ambiente della Camera. Solo una forte campagna da
parte dei comitati è riuscita nel 2015 a far discutere La Legge
in Commissione Ambiente della Camera. Purtroppo il 15 marzo 2015 il
governo Renzi è intervenuto a gamba tesa, facendo saltare l’articolo
6 di quella Legge che definiva il servizio idrico privo di rilevanza
economica e ne disponeva l’affidamento esclusivo a enti di diritto
pubblico. Così la Legge di iniziativa popolare è stata svuotata del
suo nucleo centrale. Il Disegno di Legge così svuotato è stato
approvato il 21 aprile di quest’anno da ben 243 deputati (PD e
Destra), mentre 129 deputati (M5S e Sinistra) hanno votato contro. Il
Ddl è ora allo studio della Commissione Ambiente del Senato.
Conoscendo le posizioni dei Partiti sull’acqua, c’è ben poco da
sperare. Il governo Renzi persegue la sua strategia di
privatizzazione tramite la Legge Madia e lo Sblocca
Italia. La Legge Madia impedisce alle aziende speciali di
gestire i servizi a rete come l’acqua. Lo Sblocca Italia
favorisce i grandi accorpamenti, permettendo alle multinazionali di
realizzare l’economia di scala a loro vantaggio (I grandi
accorpamenti sono incompatibili con la gestione pubblica!). Il
governo Renzi sta infatti favorendo quattro grandi accorpamenti
idrici: Iren (Piemonte-Liguria), A2A (Lombardia), Hera (Emilia
Romagna, Toscana, Marche e Nord-Est) ed infine Acea (Lazio, Molise e
il Meridione). E’ chiaro che dietro a queste multiutility ci stanno
multinazionali come Suez e Vivendi. Un esempio di questi accorpamenti
l’abbiamo ora in Puglia. Il suo governatore , Emiliano(da sempre
schierato per l’acqua pubblica!) ha scelto come presidente
dell’Acquedotto Pugliese un uomo di Iren ed ha avviato la fusione
dell’Acquedotto (100% pubblico!) con Gesesa spa mista di Benevento
e con Altocalore spa pubblica di Avellino. Questo è il primo passo
verso una megautility del Sud capitanata da Acea che gestirà così
l’acqua del Mezzogiorno. Sempre su questa strada delle
privatizzazioni è importante notare la corsa delle multinazionali
per accaparrarsi le fonti. E tutto questo avviene nella quasi
totale indifferenza dei partiti. Particolarmente grave è il
tradimento dei penta-stellati a Torino e a Roma. A Torino la
neo-eletta sindaca Appendino ha usato i soldi dell’acqua pubblica
per risanare il bilancio. A Roma, la sindaca Raggi ha chiesto
all’Acea di abbassare le bollette! E’ ormai chiaro che il M5S sta
tradendo una delle sue fondamentali promesse
elettorali: ripubblicizzare l’acqua. In un momento così difficile,
non ci voleva proprio quello che è avvenuto a Napoli, l’unica
grande città in Italia che ha obbedito al Referendum, trasformando
l’azienda idrica Arin spa in ABC (Acqua Bene Comune) azienda
speciale. E questo grazie al sindaco L. De Magistris , il quale però
ora rimuove il Presidente di ABC, M. Montalto e tutto il cda , che
per un anno e mezzo avevano fatto gratuitamente uno splendido lavoro.
La ragione è stata che il Presidente di ABC con tutto il cda si è
rifiutato di assumere i 107 lavoratori di S. Giovanni a Teduccio
perché non c’è copertura finanziaria (ci vogliono almeno 30
milioni di euro, mentre il Comune ne offriva solo 4,5 milioni). Questa operazione avrebbe significato affossare l’ABC ,peraltro
contro il parere contrario dei revisori dei conti. I comitati
dell’acqua di Napoli continuano a lavorare, vigilando perché la
gestione pubblica dell’acqua non venga meno in questa
metropoli. Come missionario, come prete e come cittadino continuerò a
darmi da fare con il grande movimento in difesa di sorella acqua, che
Papa Francesco definisce “un diritto umano, essenziale,
fondamentale e universale, perché determina la sopravvivenza delle
persone” (Laudato Si’, 30). Proprio perché Papa Francesco
parla dell’acqua come “diritto alla vita”, mi meraviglia il
silenzio della CEI (Conferenza Episcopale Italiana) a questo
riguardo. E mi meraviglia altrettanto la poca partecipazione delle
comunità parrocchiali e degli ordini religiosi in difesa della Madre
di tutta la vita sulla Terra. Per chi crede nel Dio della vita,
diventa un dovere la difesa di “Sora Acqua”. Ma lo è altrettanto
per chi si considera laico. Insieme, senza stancarci, diamoci
da fare perché la Politica non obbedisca ai poteri
economico-finanziari, ma al popolo sovrano.
Napoli, 18 ottobre 2016, Alex Zanotelli .