Dalle dichiarazioni dei redditi 2015 ai fini Irpef degli italiani emergono dati preoccupanti per la sostenibilità della spesa pubblica e del nostro welfare. Su 60,79 milioni di abitanti quelli che presentano una dichiarazione dei redditi sono 40,7 milioni, ma solo 30,72 milioni dichiarano almeno un euro di reddito. Il 46% dichiara solo il 5,1% di tutta l’Irpef pagando in media 305 euro l’anno; solo per garantire la sanità a questi 28 milioni di connazionali gli altri cittadini devono sborsare ben 43,3 miliardi. Il successivo 15%, altri 9 milioni paga il 9% dell’intero ammontare Irpef, per una imposta media di 1.665 euro l’anno; per questi servono altri 1,7 miliardi per la sola sanità. Quello che spaventa è che la gran parte di questi 37 milioni di italiani sono a quasi totale carico del 11,28% dei contribuenti che dichiarano oltre il 52% di tutta l’Irpef.
Vediamo ora in dettaglio le categorie dei contribuenti.
1) Su un totale Irpef versata di 167 miliardi i lavoratori dipendenti ne pagano 99 miliardi; il 60%. Rappresentano la metà dei contribuenti (sono 20,459 milioni su un totale di 40,7) ma ben il 54% dei dichiaranti redditi positivi (16,462 milioni su 30,728 milioni). I lavoratori dipendenti censiti negli archivi Inps sono circa 16,5 milioni il che significa che quasi il 100% è «fedele contribuente». In termini di redditi troviamo 19mila soggetti con redditi dichiarati oltre i 300 mila euro; pagano una imposta pro capite di 182.650 euro l’anno esattamente come 609 lavoratori con redditi da zero a 15mila euro. Giusto per rendere evidente la situazione i suddetti 19.000, pari allo 0,09% dei contribuenti, pagano più tasse del 36,5% dei contribuenti con redditi fino a 15.000 € (il 5,26% contro il 3,41%). I lavoratori con oltre 100 mila euro di reddito sono l’1,17% (circa 240mila) e versano il 17,5% dell’Irpef. Tra i 20 e i 55 mila euro troviamo il 43,2% dei lavoratori dipendenti che versano il 55% di irpef, per una media tra 3.277 e 7.476 €.
2) Tutt’altra musica per i lavoratori autonomi; se ne stimano circa 7,5 milioni ma i dichiaranti sono 5,457 milioni di cui i versanti con redditi positivi solo 2,8 milioni. Il primo gruppo di cittadini autonomi (pari al 77%), dichiara redditi tra 3.500 e 11.000 euro lordi l’anno. Il successivo 15,90% di autonomi con redditi tra i 15 e i 35.000 euro, paga un’Irpef media di circa 1.500 euro, insufficiente per coprire i costi della sola sanità. Solo il 6,45% degli autonomi (351 mila) paga imposte sufficienti mentre il restante 93,55% è a carico di altri lavoratori. Il totale Irpef pagata da questi lavoratori è pari a 9,6 miliardi cioè il 5,7% del totale.
3) I pensionati pagano 58,581 miliardi di Irpef (il 35% del totale Italia); i dichiaranti sono 14,799 milioni (meno dei 16,259 milioni censiti da Inps) di cui i versanti positivi sono 11,449 milioni. Il 46,1% paga un’Irpef media di circa 350 euro l’anno da imputare non tanto alla pensione quanto ad altre entrate o rendite; la no tax area è pari a 7.500 euro l’anno per i pensionati con meno di 75 anni e 7.750 per quelli da 75 e più anni. Occorre considerare che sulle 3.964.000 prestazioni assistenziali (invalidità, accompagnamento, pensione e assegno sociale e pensioni di guerra) e sulle prestazioni con integrazione al minimo e maggiorazione sociale (altre 4,467 milioni) non si paga l’Irpef salvo che il pensionato possegga altre rendite. Da tener presente che gran parte dei pensionati assistiti non ha pagato i contributi sociali nei 65 anni di vita attiva e neppure l’Irpef; tra questi una buona parte sono ex lavoratori autonomi.
4) Se i contributi pensionistici pareggiano le uscite per pensioni occorre che i circa 205 miliardi (112 miliardi per la sanità e 93 miliardi per l’assistenza), siano coperti dall’Irpef e dall’Irap (30,4 miliardi nel 2014) che però assommano a soli 190 miliardi (7 miliardi di Irpef sono stati restituiti come bonus 80 euro); diversamente, già dai prossimi anni, al di la delle fantasiose richieste di aumento della spesa per welfare da parte dei partiti sempre a caccia di voti, finanziare il nostro welfare sarà sempre più difficile.
Angelo Gentilini, da www.corriere.it/economia/31 luglio 2016