Di Alfredo Zanarini, la cui foto segnaletica comparve sul Supplemento al N. 29 del Bollettino delle Ricerche del ministero dell’Interno, 5 febbraio 1931-IX, sono in grado di raccontare cose che l’occhiuta polizia fascista non riuscì mai a sapere. Era tra i pochi sfuggiti alla grande retata compiuta a Imola nel novembre del ’30. All’origine del disastro, l’arresto in Bologna di Vincenzo (Cino) Moscatelli, inviato in Italia dal Partito comunista col compito di rianimare l’opposizione clandestina al regime. Vere e proprie falle si erano velocemente prodotte in un’organizzazione cresciuta troppo in fretta. In tutta l’Emilia Romagna gli arrestati furono centinaia. A Imola se ne contano 89. Deferiti al Tribunale Speciale, in parecchi subirono condanne al carcere. Ma Zanarini, capo di una “cellula” cui afferiva un certo numero di giovani, si era reso irreperibile, e la Divisione generale della Pubblica sicurezza aveva recepito sul Bollettino le informazioni della Questura: “Zanarini Alfredo, fu Pietro n. 8.9.905 a Imola, ivi domiciliato, ceramista. Comunista da arrestare e tradurre a Bologna”.
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Giuliana Zanelli