Per la prima volta sono andato ad Amsterdam, ed ecco un via
vai di biciclette che corrono veloci sulle innumerevoli piste ciclabili e
percorsi riservati. Adiacente alla stazione spicca un mega parcheggio su tre
piani per 2.500 biciclette, ma dicono che sono oltre 9.000 le bici che ogni
giorno sostano nelle aree vicino alla stazione. Il centro storico è da favola
con le case del 1.600 ben mantenute, non snaturate, sono un po’ inclinate
in avanti e hanno in cima una carrucola per far salire più facilmente le merci
e la mobilia. Tutte senza antenne o parabole anti-estetiche, ma la TV si vede bene lo stesso
grazie alla miglior tecnologia. Ci sono un
sacco di negozi, ristoranti, bar, caffetterie, supermercati e non
passano inosservate le discutibili sale/caffé attrezzate per fumare l’erba
legalizzata. Poi, sinceramente evitando il culto maschilista, ho visto molto
meglio il loro quartiere a “luci rosse”, piuttosto dell’ipocrisia italiana con
le ragazze in sosta lungo la nostra Via Emilia.. In giro incontri tanti
italiani, turisti o residenti, chi da pochi mesi, chi da 50 anni e tutti si
dicono soddisfatti del sistema lavoro, fisco, welfare e sociale in generale;
per me era risaputo ma c’è chi resta sbigottito e incredulo di tanta equità
sociale nonostante il Re e la Regina. Sono piene di poesia anche le case
galleggianti, “Boat House”, ricavate da vecchi battelli e che sono all’attracco
sulle sponde dei canali cittadini, tutti ben navigabili. E’ molto affidabile il
sistema dei tram elettrici su rotaie, sono tante metro a cielo aperto, su ogni
linea ogni 5 minuti ne arriva uno, non come mi è capitato a Roma dove a volte
aspetti e spera, della serie se vado a piedi faccio prima. Le macchine in
transito nel centro storico in percentuale agli abitanti sono molto poche
perché oltre all’uso della bici e ai tram, ci sono gli autobus e la metro per
gli spostamenti più lunghi. Ho apprezzato i vari musei visitati e le case museo
di Rembrandt e Van Gogh e considero molto intelligente la strutturale
valorizzazione turistica della loro storia e della storia dei loro artisti. Ma
l’emozione forte, il nodo in gola, gli occhi lucidi al limite delle lacrime,
sono sopraggiunte durante la visita alla “Casa di Anne Frank”. Quasi tutti
abbiamo letto e visto i film sulla storia di Anne, ma ritrovarsi proprio li nel
nascondiglio in cui Anne Frank scrisse il diario ed altro durante la Seconda Guerra
Mondiale è toccante e coinvolgente. Ho rivisitato il periodo di clandestinità
di questa ragazzina e tutta la forza degli insegnamenti che ci ha lasciato
scritto a memoria di quel drammatico vissuto. Mi sono venuti in mente i
racconti di mio padre che evitò la deportazione riuscendo a fuggire per ben 2
volte agli arresti subiti a Mestre dalle S.S. e a Ferrara dalle camicie nere,
mentre era sulla strada del ritorno dal fronte Jugoslavo dopo l’ 8 settembre
1943. Poi come Anne, ricercato e clandestino, rimasto sotto il bombardamento di
casa sua, vicino al Monticino della Serra, una notte in cui cercava di
rifocillarsi e di far scorta di cibo. In seguito, a guerra finita,
fortunatamente salvatosi dopo diversi mesi di ricovero nell’Ospedale di Imola,
dove era stato portato in fin di vita con un carro tirato da 2 buoi. Nello
stesso momento forte ed intenso ho tenuto ben a mente che l’esercizio della
memoria non può essere o divenire solo un oggetto, una visita turistica o altro
legato a terribili storie del passato, ma deve restare un processo e un
cantiere aperto nelle coscienze degli esseri umani. Ancor oggi ci sono troppe guerre
in giro per il Mondo, alcune conosciute, tante sconosciute, che generano,
torture, umiliazioni, miserie e povertà, clandestini e deportati, donne ,
uomini, ragazzi e bambini in fuga in cerca di sopravvivenza.