 La “ragazza”, che fu staffetta di mio padre al maquis di Limoges in una lontanissima primavera-estate del 1944, mi ha telefonato alcune settimane fa. Si chiama Hélène Lentschener, nata Turner, ha novant'anni e una voce squillante, vivace. Ne aveva diciassette quando fu investita dalla Shoah che ingoiò nel nulla i suoi genitori, diciannove quando entrò nella Resistenza e la sua strada incrociò quella di un italiano, l'imolese Ezio Zanelli. Polacca, ebrea, aveva con i suoi genitori cercato rifugio in Occidente, prima in Belgio, poi in Francia. In questi giorni, in cui manifestazioni piccole e grandi si sono organizzate attorno al 27 gennaio, giorno della memoria – ricorrenza dell'apertura dei cancelli di Auschwitz –, il racconto che avevo ascoltato in famiglia mi è tornato spesso alla mente. Più delle parole mi erano rimasti impressi il tono ammirato e lo stupore con cui mio padre rievocava quella figura fragile e gentile di ragazza che con slancio, senza alcuna paura, compiva missioni rischiose. Alla viva voce paterna si sono aggiunte annotazioni e lettere conservate tra le carte di famiglia, poi una decina di anni fa un contatto telefonico e un breve scambio epistolare. Ho così recuperato un minimo ma emblematico tassello di storia d'Europa, incontro breve di esistenze che le dittature e le catastrofi del Novecento hanno proiettato lontano dagli orizzonti nativi. Hélène! Quando la rintracciai diversi anni fa al suo telefono di Parigi, capì subito chi ero, e con quella voce che non muta mi disse: Vous êtes la fille de Jules! Jules: il nome di battaglia di Ezio Zanelli che a Limoges, sotto falsa identità, svolgeva la funzione di responsabile politico dei Francs Tireurs et Partisans del raggruppamento M.O.I........ (Giuliana Zanelli)
La “ragazza”, che fu staffetta di mio padre al maquis di Limoges in una lontanissima primavera-estate del 1944, mi ha telefonato alcune settimane fa. Si chiama Hélène Lentschener, nata Turner, ha novant'anni e una voce squillante, vivace. Ne aveva diciassette quando fu investita dalla Shoah che ingoiò nel nulla i suoi genitori, diciannove quando entrò nella Resistenza e la sua strada incrociò quella di un italiano, l'imolese Ezio Zanelli. Polacca, ebrea, aveva con i suoi genitori cercato rifugio in Occidente, prima in Belgio, poi in Francia. In questi giorni, in cui manifestazioni piccole e grandi si sono organizzate attorno al 27 gennaio, giorno della memoria – ricorrenza dell'apertura dei cancelli di Auschwitz –, il racconto che avevo ascoltato in famiglia mi è tornato spesso alla mente. Più delle parole mi erano rimasti impressi il tono ammirato e lo stupore con cui mio padre rievocava quella figura fragile e gentile di ragazza che con slancio, senza alcuna paura, compiva missioni rischiose. Alla viva voce paterna si sono aggiunte annotazioni e lettere conservate tra le carte di famiglia, poi una decina di anni fa un contatto telefonico e un breve scambio epistolare. Ho così recuperato un minimo ma emblematico tassello di storia d'Europa, incontro breve di esistenze che le dittature e le catastrofi del Novecento hanno proiettato lontano dagli orizzonti nativi. Hélène! Quando la rintracciai diversi anni fa al suo telefono di Parigi, capì subito chi ero, e con quella voce che non muta mi disse: Vous êtes la fille de Jules! Jules: il nome di battaglia di Ezio Zanelli che a Limoges, sotto falsa identità, svolgeva la funzione di responsabile politico dei Francs Tireurs et Partisans del raggruppamento M.O.I........ (Giuliana Zanelli)
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Angelo Gentilini, da www.leggilanotizia.it 
 
 
 
 
 
 
 
