Dopo il silenzio seguito alla lettera inviata dalla CGIL nel maggio scorso, nell'ambito della campagna promossa dalla Confederazione Internazionale dei Sindacati (ITUC) per denunciare le condizioni di semi schiavitù in cui sono costretti migliaia di lavoratori immigrati impegnati nella costruzione delle infrastrutture e degli stadi per i mondiali di calcio 2022 in Qatar, il presidente della FIGC, Giancarlo Abete, ha invece risposto alla nuova lettera che la CGIL ha inviato lo scorso 25 settembre.
Della questione, del resto, Abete aveva informato il Consiglio Federale della FIGC, riunito il 27 settembre. Consiglio che ha deciso di inviare un documento alla FIFA “affinchè, nel rispetto della titolarità delle istituzioni locali e di quelle sportive, si ponga attenzione e ci siano tutte le opportune verifiche sulla situazione del Qatar relativa ai lavori di costruzione degli stadi”, “per garantire che le condizioni della qualificazione dell'impiantistica sportiva non vengano collegate a fenomeni che non siano di piena tutela dei diritti dei lavoratori”.
Parole che, nella sostanza, il presidente Abete ha ripetuto nella lettera di risposta alla CGIL .
La Confederazione Internazionale dei Sindacati e la CGIL hanno denunciato – ormai da due anni – le condizioni semi schiavistiche dei lavoratori in Qatar.
In particolare: i lavoratori edili in Qatar lavorano in media 15 ore al giorno, per 6 giorni settimanali, per un salario di 8 dollari al giorno; i lavoratori immigrati in Qatar non possono cambiare lavoro senza l'autorizzazione dei loro datori di lavoro; il fatto di lasciare un datore di lavoro, anche se per sfuggire a maltrattamenti, ha come risultato la prigione o l'espulsione; gli infortuni mortali in campo edilizio, in Qatar, sono otto volte più frequenti che, ad esempio, in Gran Bretagna e rischiano di morire molte più persone per costruire le infrastrutture della Coppa del Mondo di quanti giocatori scenderanno in campo.
Le notizie raccolte dai sindacati e, da qualche giorno, anche da importanti organi di informazione internazionale, come il quotidiano inglese The Guardian denunciano una vera strage in atto nei cantieri. Nel solo mese di luglio, secondo le informazioni raccolte nel paese d'origine, sono morti almeno 32 giovani lavoratori nepalesi, per i massacranti turni di lavoro in condizioni climatiche assolutamente proibitive.La FIFA si sta preoccupando delle condizioni climatiche che i calciatori e gli spettatori dovranno affrontare nel 2022 se i campionati mondiali rimarranno programmati in estate, ma, nonostante le pressioni internazionali e le rassicurazioni fornite anche durante incontri con la ITUC, non ha adottato alcuna iniziativa effettiva per assicurare che le condizioni di lavoro di chi sta costruendo gli impianti siano minimamente dignitose.
A.G. da "Il taccuino.it, Leopoldo Tartaglia, Politiche globali Cgil"