04 ottobre 2013

La grande epurazione politica della Cogne di Imola

Il 7 ottobre 1953, 60 anni fa, si registrò l’epilogo finale e più duro dell’immunizzazione della Cogne di Imola dal “virus comunista”. Furono licenziati 162 lavoratori (12 impiegati e 150 operai), fra cui soprattutto militanti comunisti, socialisti, ex-partigiani e iscritti alla Cgil. In sintesi cerco di contestualizzare il periodo storico. Nel 1947 si aprì una grave crisi politica con il programma di esclusione dal Governo dei partiti di sinistra Pci e Psi, a seguito dell’accettazione del Piano Marshall da parte del leader DC, Alcide De Gasperi. Nel 1948 la DC vinse le elezioni e la storia del nostro Paese prese un nuovo corso politico, economico e sociale. Lo Stato volle recuperare il controllo di tutte le realtà produttive ed economiche che dopo la guerra erano state rilanciate, con molti sacrifici, da ex-partigiani e ex-dipendenti delle fabbriche distrutte. Iniziò il periodo della “guerra fredda” e vennero usate strategie e metodi non strettamente tecnici ma politici, rompendo anche lo spirito di unità nazionale che si era venuto a creare con la Resistenza e la Liberazione. Nel 1949 su iniziativa del Senatore Dc e Amministratore Delegato del Gruppo Cogne, Teresio Guglielmone, venne allontanato da Imola Carlo Nicoli, Direttore di stabilimento ed ex-comandante partigiano comunista, insieme ad altri quattro progettisti imolesi (Federici, Calderoni, Borghi, Mirri), la stessa sorte toccò anche ad Ester Benini, Responsabile amministrativo (pure lui di sinistra)  Nel 1951 il nuovo Direttore di stabilimento, Ing. Colombo e il Colonnello Borla, Capo del personale Cogne, licenziarono il Perito Guido Albertazzi, Capo del collaudo e Presidente del Consiglio di Gestione Cogne. Arrivati al 1952 la dirigenza aziendale espose in modo esplicito il programma di “epurazione politica”, cosiddetta “tesi bianca” o “tesi dell’immunizzazione della Cogne”. Il 30 marzo 1952, 19 impiegati ricevettero la lettera di licenziamento e per molti operai specializzati iniziò un percorso aziendale di demansionamento e dequalificazione. Nella Città di Imola aumentò la tensione ed iniziò uno dei periodi più acuti della lotta politica e divisioni sindacali, ma la Direzione aziendale, forte delle direttive politiche nazionali e con il sostegno dei sindacati filo-governativi, contrattaccò licenziando il 7 ottobre 1953, 162 lavoratori e lavoratrici, come ho scritto in precedenza. Seguirono 6 mesi di dure proteste e dopo la continua pressione ed instancabili lotte operaie, della Cgil e della maggioranza della cittadinanza imolese, la Direzione Generale della Cogne riassunse 50 lavoratori e risarcì i restanti con un’indennità economica. Va comunque detto che la scelta delle riassunzioni segui sempre una logica politica, selezionando i meno scomodi e i meno rappresentativi, sia politicamente che tecnicamente. Con il passare degli anni si evidenziò che i licenziati politici della Cogne erano uomini capaci, altamente qualificati e con una spiccata indole imprenditoriale. A ricordo di quegli uomini e donne segnalo, ad esempio, un nome per tutti. Aldo Villa, licenziato politico alla Cogne nel 1952, era vice-Caporeparto delle macchine universali. Dopo un breve periodo lavorativo alla Edison di Milano, tornò ad Imola ed entrò alla Sacmi, divenne Capo officina, poi Dirigente e Direttore Generale. E’ riconosciuto tra i principali artefici del decollo produttivo ed economico della Sacmi, trasformando negli anni la cooperativa meccanica imolese, fino a divenire un grande gruppo industriale leader mondiale
Angelo Gentilini