7 nuovi lavoratori su 10 sono precari
L'Istituto di statistica: dal 2005 al 2011 il ricorso ai contratti a tempo determinato nelle imprese con più di 500 dipendenti rappresenta in media il 71,5%. I flussi occupazionali si riducono, si esce soprattutto per scadenza del contratto.
Il lavoro è in crisi e il precariato avanza. Dal 2005 al 2010 i flussi occupazionali nelle grandi imprese si riducono e i nuovi lavoratori sono quasi tutti precari. A confermarlo è l'Istat, che lancia l'allarme: oltre sette ingressi su 10 derivano da assunzioni a tempo determinato.
"Dalla scomposizione dei flussi in entrata emerge - si legge nel bollettino dell'Istituto di statistica - che il ricorso alle assunzioni con contratti a tempo determinato nelle imprese con più di 500 dipendenti, che nel periodo giungono a rappresentare in media circa il 71,5 per cento degli ingressi. Il ricorso a forme contrattuali flessibili risulta più elevato nelle imprese dei servizi che in quelle dell'industria, con valori medi nel periodo pari al 73,6 per cento degli ingressi nelle imprese del terziario e al 65,7 per cento in quelle industriali".
Più in generale, nei sei anni in analisi, si riducono inoltre i flussi occupazionali nelle grandi imprese: il tasso di turnover annuo, definito come somma dei tassi annui di entrata e uscita, passa da 270 movimenti per mille dipendenti nel 2005 a 236,2 nel 2010. In soli sei anni, sia i tassi di entrata che quelli di uscita seguono l'andamento del ciclo economico, registrando prima un incremento e poi una contrazione.
Il tasso annuo d'ingresso sale da 134 entrati per 1.000 dipendenti nel 2005 a 150,3 nel 2007 per poi scendere a 104,6 nel 2009, anno di forte contrazione dei livelli di attività, e risalire lievemente (113,6) nel 2010. Analogamente il tasso annuo di uscita aumenta da 136,0 cessazioni per 1.000 dipendenti nel 2005 a 148,8 nel 2007 per poi ridursi nettamente nel 2009 (124,8), ed evidenziare una ulteriore, lieve, diminuzione (122,6) nel 2010.
Le assunzioni con contratti a tempo determinato invece procedono senza rilevanti variazioni nel tempo: la relativa quota oscilla tra un valore minimo del 69,9 per cento nel 2005 e un massimo del 73,0 per cento nel 2006. Nel periodo considerato, annualmente sono interessati dal turnover (in media) circa 330 operai ogni mille e circa 227 impiegati ogni mille.
Tra i flussi in uscita, le cause di cessazione vedono un'incidenza delle scadenze dei termini contrattuali per quasi il 50 per cento dei casi, quota sostanzialmente stabile nel periodo considerato. La seconda causa di uscita è data dalle cessazioni spontanee, la cui incidenza tende a diminuire, passando dal 32,0 per cento del 2005 al 27,1 per cento del 2010; seguono le uscite incentivate, con una quota del 12,1 per cento a fine periodo, in forte crescita negli ultimi anni; i licenziamenti pesano per il 7,5 per cento delle uscite nel 2010, con una tendenza alla crescita nel corso del periodo considerato.
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