Partiamo da un punto. I Referendum su nucleare e acqua sono un’occasione imperdibile, il primo per sconfiggere definitivamente il nucleare, il secondo per ottenere un radicale cambiamento di rotta nelle politiche dell’acqua in Italia.
Sappiamo tutti le difficoltà dello strumento referendario: raggiungere il quorum. Con l’attuale tasso di astensione, agli avversari basta convincere il 25% degli elettori a non andare a votare che il referendum fallisce. Oggi, però, con i referendum in campo, è del tutto inutile discutere se il referendum sia la mossa giusta. Abbiamo una montagna da scalare, attrezziamoci per farlo nel modo migliore per raggiungere la vetta.
Legambiente accetta la sfida, ma non basta una dichiarazione positiva di impegno. Dobbiamo capire qual è il modo migliore per provare a raggiungere il quorum.
Il referendum per l’acqua un risultato politico l’ha già raggiunto e sta nell’incredibile numero di firme raccolte, che registra un’attenzione sociale senza precedenti per un bene comune, che va gestito in modo radicalmente diverso da come è stato fatto in questi anni, senza limitarsi ad agire sull’acqua che esce dal rubinetto e recuperando i ritardi sulla qualità di quella scaricata nell'ambiente. Per il nucleare non è così. L’IdV ha deciso di forzare e, nonostante le critiche e le perplessità delle associazioni e non solo, è andata da sola alla raccolta delle firme, non c’è stato intorno un movimento popolare come per l’acqua. Dico ciò non per amor di polemica. Tutt’altro. Ma per capire e condividere quale percorso dobbiamo organizzare.
Io penso che il vizio di nascita del referendum sul nucleare ci impone di recuperare subito lo spirito unitario per costruire un nuovo (nuovo rispetto al 1987) movimento antinucleare, che dovrà vincere a freddo, senza la tragedia di Chernobyl alle spalle.
D’altra parte non dobbiamo sottovalutare le novità positive. Oggi esiste una consapevolezza ambientale, che nell’87 non c’era, che ha moltiplicato sul territorio le azioni ed i conflitti a carattere ambientale, che ha prodotto una diffusione trasversale nei partiti, che consente a molte amministrazioni locali di aderire a iniziative e politiche ambientali virtuose, indipendentemente dal colore politico. C’è un sapere diffuso, che permette di far capire meglio l’inganno nucleare. C’è una crisi in corso che racconta molto bene il bluff sull’autofinanziamento degli enormi investimenti necessari. C’è una crisi climatica che incombe e già oggi produce danni, con frane e alluvioni, anche qui da noi, con una intensità imprevedibile fino a qualche anno fa. Una crisi climatica che non può aspettare il nucleare, che per altro darà un contributo minimo alla riduzione delle emissioni, e che già oggi ha la risposta giusta nella diffusione delle fonti rinnovabili. Occorre allora che con molta chiarezza si dicano due cose.
Primo: oggi la priorità assoluta è cacciare il nucleare dall’Italia, smettiamola con le polemiche contro il fotovoltaico a terra e l’eolico (qui dobbiamo lottare perché i progetti siano buoni e nella misura adeguata), rischiamo di essere incomprensibili e velleitari di fronte a milioni di cittadini che ci guardano e ci giudicano.
Secondo: serve un COMITATO PER IL SI, ampio e trasversale, come per l’acqua, che abbia nelle organizzazioni della società civile la sua spina dorsale, che raccolga tutti i soggetti che sono convinti che il nucleare non serve al paese, indipendentemente dalle posizioni sulle fonti rinnovabili.
Se partiamo con il piede giusto, ce la possiamo fare. Come ci ricorda Daumal nel Monte Analogo “l’ultimo passo dipende dal primo”.
Vittorio Cogliati Dezza - Presidente Nazionale di Legambiente