Angelo Gentilini
05 marzo 2013
Stipendi da 1 a 10 per stare meglio tutti
Negli ultimi decenni c’è stato un aumento vertiginoso delle
disuguaglianze economiche, create "in primis" dagli abusi del capitalismo
finanziario e dalle crescenti disparità salariali che contribuiscono a
sollevare problemi sociali e poca mobilità nella spesa corrente da parte dei
ceti medio-bassi. Giustamente si chiede ai politici di dare l’esempio
abbassando gli stipendi e i vitalizi, ma solo questo non è sufficiente per
riequilibrare la bilancia economica perché ci sono altre migliaia di cittadini
che ricoprono ruoli pubblici e privati che hanno delle retribuzioni e dei premi
da paperon de paperoni. Io credo che serva una rivisitazione generale,
obiettiva e oggettiva, compreso anche una riorganizzazione e una non
sovrapposizione dei ruoli tra pubblico e privato. In linea con le proposte del
Movimento Occupy Wall Street la forbice giusta sulle retribuzioni sarebbe da 1 a 10. Se consideriamo 1
uguale al minimo di 1.500 euro al mese, in un anno si arriva più o meno a
20.000 euro e in 40 anni a 800.000 mila euro. In progressione nel rispetto
delle competenze e responsabilità si può arrivare al tetto massimo di 10 uguale
a 15.000 euro al mese , che porta più o meno a 200.000 mila euro all’anno. Cosi
facendo si evince che in 4 anni il soggetto 10 accumula 800.000 euro pari a
quanto accumula in 40 anni il soggetto 1. Se escludiamo il principio
dell’avidità, che sarebbe anche un peccato, a me sembrano proporzioni molto
dignitose e rispettose, anche perché vanno considerati gli interessi finanziari
che incassano i soggetti della parte alta delle scala che hanno delle cifre in
esubero da investire sempre in relazione ai 20.000 euro annui del soggetto 1.
Sono 7 i miliardi di euro che si possono recuperare dal versante pensioni se si
applicasse un tetto di 6.000 euro netti al mese e sarebbero tanti altri i
miliardi di euro da ridistribuire dalla voce retribuzioni se si adottasse
questo metodo. Sono anche un paradosso insostenibile le cifre che girano per i
premi di risultato e le liquidazioni faraoniche sempre elargite a manager e
dirigenti pubblici e privati, soldi su soldi sempre in poche tasche. Le risorse
derivanti da un equa ripartizione della ricchezza sono indispensabili come
motore per la crescita perché aumenterebbe il potere di acquisto dei ceti
medi-bassi a sostegno della domanda interna ed inoltre si potrebbero avere
risorse aggiuntive per investire nella scuola, ricerca, giovani, welfare,
ambiente, futuro. In conclusione voglio ricordare che il peggio della crisi,
dovuto ad un riassetto strutturale economico e produttivo mondiale, deve ancora
arrivare e arriverà quando il mondo del lavoro manifatturiero, che produce il
Pil, non sarà più sostenibile con il solo aiuto tampone degli ammortizzatori
sociali. Perciò se la politica non trova la forza etica e morale per perseguire
questi obiettivi e percorsi di armonizzazione delle risorse e della ricchezza,
sarà il popolo a farlo autonomamente quando oltre la cinghia non resta più
niente da tirare.