Mercoledì 28 marzo, l’Inps e il Ministero del Lavoro hanno presentato i dati dell’ Osservatorio statistico sul reddito di inclusione (Rei). Il sussidio per i più poveri è andato, nei primi tre mesi del 2018, a 110mila famiglie raggiungendo 317mila persone, per un importo medio di 297 euro mensili a famiglia. Nel 72% dei casi è arrivato al Sud. In particolare in Campania, Calabria e Sicilia (60% del totale). L’importo medio varia da 177 euro per i single a 429 euro per le famiglie con 6 o più persone. Ma cos’è il Rei? Reddito di Inclusione è una misura nazionale di contrasto alla povertà che si compone di due parti: un beneficio economico, erogato mensilmente attraverso una carta di pagamento elettronica (Carta REI) e un progetto personalizzato di attivazione e di inclusione sociale e lavorativa finalizzato al superamento della condizione di povertà. Sul sussidio si sono scatenate le polemiche, tra chi dice che il Rei sia una misura poco inclusiva e chi sostiene che invece funzioni già così e che, al contrario, il reddito di cittadinanza proposto dal Movimento 5 Stelle costerebbe troppo e non sarebbe sostenibile. «Il reddito minimo c’è già e si chiama Rei», ha detto il presidente dell’Inps Tito Boeri commentando i dati. Un merito che Boeri riconosce dunque ai Governi Renzi e poi Gentiloni. E proprio Gentiloni ieri ha rivendicato il buon lavoro fatto. Secondo Boeri il reddito di cittadinanza promosso dal M5S costerebbe tra i 35 e i 38 miliardi.«Una cifra molto consistente», dice il presidente dell’Inps. Ma i capigruppo del Movimento ribattono «è falso, l’Istat ha calcolato 14,9 miliardi la spesa annua, più due di investimento il primo anno per riformare i centri per l’impiego». Il balletto dei numeri prosegue anche oggi. E le forze politiche dunque si contendono i meriti di quanto fatto e anche di quanto si dovrà fare. In realtà le somiglianze tra il reddito di cittadinanza e il Rei sono molte. Entrambi si propongono di accompagnare il beneficiario fino al reinserimento nel mondo del lavoro. Diversi sostanzialmente sono gli obiettivi: il reddito di cittadinanza, infatti, intende raggiungere una platea più ampia, 9 milioni di persone, con una maggiore integrazione del reddito (arrivando fino a 780 euro al mese per un singolo). Ma dal sindacato arriva un chiarimento. Ivan Pedretti, segretario generale dello Spi Cgil, ha ricordato a tutte le forze politiche in campo e ai commentatori che in realtà il Rei è una conquista del sindacato. “Centinaia di migliaia di famiglie italiane hanno cominciato a ricevere il Rei, il reddito di inclusione” – ha detto Pedretti. “Sta arrivando a persone povere, perlopiù residenti nelle regioni del sud Italia che vivono una situazione di profondo disagio sociale. Ci terrei a segnalare a tutti che il Rei è stata una nostra conquista, costruita in anni di battaglie dell’Alleanza contro la povertà di cui facciamo parte insieme a tante associazioni. Lo strumento funziona e sta dando i primi frutti. Penso che non ci dobbiamo inventare niente, che non debba essere smantellato ma che vada piuttosto rafforzato stanziando più risorse. Così come non ci dobbiamo dimenticare che la vera risposta alla povertà è il lavoro. Se non c’è quello e se non ci sono investimenti non affronteremo mai i veri problemi del nostro paese”. Una precisazione che arriva in un momento delicato per la politica italiana. Nei prossimi giorni infatti si delineerà più chiaramente il Governo che dovrà guidare il nostro paese. Governo che sarà chiamato a fare i conti con tante emergenze, dalla lotta alla povertà, appunto, a una legge per la non autosufficienza che il sindacato chiede a gran voce. Bisognerà vedere però quali temi il futuro Governo porrà in cima all’agenda del proprio operato. Intanto, c’è da giurarci, le polemiche sul reddito minimo terranno banco ancora per molti giorni. libereta.it/reddito-di-inclusione
Angelo Gentilini, da info www.libereta.it
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