Che le politiche neoliberiste e il dominio della finanza sull’economia reale abbiano avuto un ruolo preminente nello scatenarsi della crisi sembra fatto ormai acquisito. Altrettanto lo è la convinzione che la politica – in senso lato – abbia perso il controllo e gran parte del suo ruolo nel governo e nell’indirizzo della realtà economica, così come la sua stessa leadership. Oggi, le ricette confuse, incerte e contraddittorie che provano a cavalcare “the beast”, ovvero la bestia di un capitalismo rapace e distruttivo mostrano tutta la loro inefficacia e il loro caos. La Cgil, con il suo progetto di Piano del lavoro e con l’elaborazione a questo sottintesa, ha proposto una sua linea e la sua idea per cambiare questo stato di cose e per uscire dalla crisi con la contemporanea riduzione delle vecchie e nuove diseguaglianze. Una ricetta anticiclica, che qualcuno ha voluto definire neo-keynesiana, che si fonda prioritariamente su un ruolo attivo e propulsivo dello Stato nell’economia. D'altro canto, se la politica – in senso nobile – e lo Stato – in senso lato – non dovessero almeno ambire al governo dell’economia e si accontentassero di arginare il possibile, offrendo una sostanziale e palese acquiescenza alle dinamiche darwiniane del mercato libero, a cosa servirebbero? Ma, per fare ciò, non basta pensarsi nei ristretti confini statuali o, ancor meno, regionali o locali e il caso recentissimo del recupero di Aiuti di Stato illegali che dall’Ue viene rivendicato per la multiutility A2A, dovrebbero convincerci definitivamente – se mai ce ne fosse ancora bisogno – che i confini europei sono solo il perimetro minimo di riferimento di cui tener conto. La normativa Ue sugli Aiuti di Stato, che garantisce il principio comunitario della concorrenza, serve a evitare misure protezionistiche nei confini europei e determina il recupero di quegli aiuti, incentivi, esenzioni, agevolazioni che i singoli Stati abbiano deliberato per favorire iniziative e imprese, come sono anche le multiutility. Il caso A2A – oggi alla ribalta – ci dice come gli incentivi dati sotto diverse forme a queste imprese, per favorirne l’aggregazione o l’imprenditorialità sono stati spesso realizzati in violazione delle regole derivanti dal principio della concorrenza comunitaria e oggi vengono recuperate, richiedendo anche molti anni dopo cifre enormi allo Stato di riferimento che si rivale sull’azienda stessa. Continua a leggere:http://www.rassegna.it/la-mina-vagante-degli-aiuti-di-stato
Angelo Gentilini, da www.rassegna.it