12 gennaio 2015

Il "monito" della sinistra a sostegno della lotta operaia anni 50.

All’eccidio di Modena del 9 gennaio 1950, al “lunedi di sangue”, seguirono degli scioperi generali e delle  manifestazioni gigantesche, in Emilia Romagna e in tutta l’Italia. Il 12 gennaio  si svolsero i funerali, solenni e imponenti, a cui parteciparono oltre 300 mila lavoratori, lavoratrici e cittadini. In un documento che fu sottoscritto da 210 deputati e senatori, comunisti e socialisti, venne lanciato il monito al governo democristiano, e al ministro Mario Scelba, a non continuare più l’incivile sistema della repressione e degli eccidi contro le lotte per la “richiesta più umile che l’uomo possa avanzare: la richiesta di lavorare”. L’espressione più alta di questa protesta è contenuta nel discorso che
pronunciò l’allora segretario nazionale del Pci Palmiro Togliatti, presente ai funerali e ritratto nella foto dell’epoca con Erasmo Silvestri, segretario della federazione del Pci di Modena. Di fronte alle bare dei lavoratori uccisi, disse: “Voi chiedevate una sola cosa, il lavoro, che è la sostanza della vita di tutti gli uomini degni di questo nome. Una società che non sa dare lavoro a tutti coloro che la compongono, è una società maledetta. Maledetti sono gli uomini che, fieri di avere nelle mani il potere, si assidono al vertice di questa società maledetta…”. Poi, ammonì solennemente: “E’ stato detto che questo stato di cose deve finire. E’ stato detto: Basta! Ripetiamo questo basta, tutti assieme, dando ad esso la solennità e la forza che promanano da questa stessa nostra riunione. Ma dire basta non è sufficiente… Ci impegniamo a preparare e suscitare un movimento tale, un sussulto proveniente dal più profondo dell’animo nazionale , tale che faccia indietreggiare anche i gruppi più reazionari, come è già avvenuto, del resto, nel passato”. E poi concludendo tra la commozione e la rabbia generale della folla, disse ancora: “E voi, compagni e fratelli caduti…riposate!...Ma voi, madri, sorelle, spose, non piangete! Non piangiamo, lavoratori di Modena. Sia l’acre sapore delle lacrime, per non piangere, inghiottito, stimolo aspro al lavoro nuovo, alla lotta. Dobbiamo fare uscire l’Italia da questa situazione dolorosa. Vogliamo che l’Italia diventi un paese civile, dove sia sacra la vita dei lavoratori, dove sacro sia il diritto dei cittadini al lavoro, alla libertà, alla pace!”. La determinazione nella protesta venne riconfermata con gran forza dopo 30 giorni dall’eccidio, il 9 febbraio 1950 la Cgil proclamò una giornata di lutto nazionale e in tantissime città si svolsero delle importanti e significative manifestazioni di lavoratori, lavoratrici e cittadini giovani e meno giovani. Il 26 novembre 1952, a Napoli si aprì il 3° Congresso nazionale della Cgil, nelle intense giornate congressuali venne proposto, calorosamente sostenuto da Giuseppe Di Vittorio, come misura urgente uno: “Statuto dei diritti e delle libertà del cittadino lavoratore nell’azienda”, per la tutela delle libertà democratiche e sindacali nei posti di lavoro. Purtroppo, come ben sappiamo, ci vollero altri 18 anni di durissime lotte, sostenute dai lavoratori sindacalizzati e dalla sinistra italiana, per arrivare al 20 maggio 1970, data in cui venne finalmente promulgato in Italia lo “Statuto dei diritti dei lavoratori”. Che ora si cerca di depotenziare e di ridurre a poca cosa invece di estenderlo anche a chi non era contemplato, non per responsabilità dei sindacati, ma di una classe politica miope e strumentalmente debole con i forti che ci riporta indietro di 70 anni.
Angelo Gentilini, da "La Costituzione negata nelle fabbriche" di Luigi Arbizzani.