10 gennaio 2015

Il Decreto "salva Berlusconi" e "salva evasori".

Il decreto legislativo sulla certezza del diritto e il riordino dei reati tributari, approvato dal Governo il 24 Dicembre scorso, ha scatenato una selva di polemiche, sia per alcune norme ivi contenute e, sia per la paternità delle stesse. Le attenzioni si sono concentrate verso la cosiddetta norma “salva-Berlusconi”. A tal riguardo va precisato che nel processo Mediaset Berlusconi fu condannato a quattro anni di reclusione, tre dei quali peraltro condonati, e a due anni di interdizione dai pubblici uffici per una frode fiscale di 7,5 milioni di euro su 722 di imponibile tra il 2002 e il 2003, cioè pari a meno del 2% dell’imponibile complessivo. Le contestazioni nascono dal fatto che il testo prevede la non punibilità quando l’importo delle imposte sui redditi evaso non supera il 3% del reddito imponibile dichiarato o l’importo dell’imposta sul valore aggiunto evasa non supera il 3% dell’imposta sul valore aggiunto dichiarata. Questa norma consentirebbe, a detta di molti giuristi, l’estinzione della condanna inflitta a Silvio Berlusconi per frode fiscale estinguendo anche il presupposto dell’incandidabilità per 6 anni prevista dalla legge Severino. Va però segnalato che il Decreto in questione, in realtà prevede una serie di altri favori a chi intende evadere il fisco nel nostro paese. Ad esempio, per l’omesso versamento di Iva e ritenute il provvedimento alza le soglie di punibilità da 50mila a 150mila euro. Inoltre, introduce una soglia di 1.000 euro, che attualmente non è prevista, perché si incorri nel reato di emissione o rilascio di fatture false. Infine, lo stesso reato penale si formalizza qualora l’evasione superi i 30 mila euro per ciascuna imposta o se il totale degli attivi sottratti a imposizione supera il 5% degli attivi dichiarati o, comunque, 1,5 milioni di euro. Se colleghiamo questo provvedimento al rapporto OCSE, per il quale l’Italia ha un tasso di infedeltà fiscale di oltre il 60% in più rispetto alla media dei paese aderenti, si può ben comprendere come l’affidabilità del nostro paese sia oramai arrivata ai minimi termini. Se invece di combattere i reati collegati all’evasione fiscale il Governo li depenalizza non si fa altro che incoraggiare tale fenomeno, programmando, per via legislativa, la diminuzione delle entrate nelle casse statali col paradosso, non solo di punire tutti coloro che le tasse le pagano onestamente, ma anche gli enti locali come i Comuni e le Province, riducendone i trasferimenti come previsto dalla Legge di stabilità. Le conseguenze sono note, taglio dei servizi sociali e aumento della pressione fiscale locale a carico di chi le tasse le paga. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, dopo alcuni giorni, si è assunto la paternità del provvedimento, ammettendo di aver voluto inserire le norme che sono state condannate anche dalla stessa opinione pubblica. Pensare di risolvere i profondi e laceranti problemi di questo paese riducendo i diritti ai lavoratori, tagliando i trasferimenti agli enti locali e ampliando la sfera dell’impunibilità a chi compie reati come quelli tributari è solo una pia illusione. L’indignazione, quindi, non nasce solo dal fatto che queste norme salvano Berlusconi e tutti quelli che come lui hanno compiuti reati di natura fiscale, ma anche perché le politiche con le quali si continua a condonare e a depenalizzare non fanno altro che condannare questo paese ad un declino etico, morale, economico e sociale irreversibile.
Angelo Gentilini, da info Renato Bressan Segr. Prov. Spi Cgil Belluno


Un condono da cancellare
Non posso fare a meno di dedicare qualche parola ad un fatto grave che è accaduto (o si è scoperto) in questi giorni. Mi riferisco al decreto fiscale approvato dal Governo, nel quale è contenuta una norma secondo la quale coloro che evadono o frodano il fisco in misura inferiore al 3% del loro imponibile non sono più perseguibili penalmente e sono solo tenuti a risponderne in sede amministrativa fiscale. Una sorta di “condono” che, di per sé, io considero grave e ingiustificato, perché contrario a diverse norme costituzionali (art. 3, 53, ecc.) e soprattutto contrario alla morale pubblica e privata, se non altro perché trasmette un messaggio negativo; che, cioè, evadere il fisco o addirittura frodarlo non assume quella gravità che giustifica l’applicazione della legge penale.
Angelo Gentilini, da info Carlo Smuraglia, Pres. Naz. ANPI.