Il
9 ottobre del 1963 una ondata, innescata dal crollo del monte Toc, superava la diga del Vajont e sterminava
2 mila persone. Quella tragedia era stata annunciata, ma i potenti dell’epoca, a cominciare dalla
Sade, colosso privato del settore della energia, avevano deciso di far finta di nulla, di procedere comunque, di mettere il bavaglio a dissensi e critiche. Non tutti, neppure allora, scelsero di tacere, tra questi
Tina Merlin, morta nel dicembre del 1991, allora giovane cronista del quotidiano comunista l’Unità. Mesi prima del massacro aveva raccolto quelle voci preoccupate e
aveva denunciato i possibili pericoli, compreso il crollo di quel monte. Per quegli articoli era stata denunciata per “diffusione di notizie false e tendenziose, atte a turbare l’ordine pubblico”. Il tribunale di Milano l’aveva assolta, ma a nessuno venne in mente di convocarla, di rileggere quelle denunce, di chiedersi perché mai un tribunale avesse ritenute fondate le sue critiche. Del resto in quei mesi si dibatteva aspramente sulla possibile nazionalizzazione della energia elettrica e la
Sade aveva bisogno di concludere l’opera, di dimostrare tutta la sua forza, di posizionarsi nel modo migliore sul mercato, di far crescere il prezzo delle sue azioni. Tina Merlin aveva messo il classico dito nella piaga, era una variabile da eliminare o almeno da emarginare, liquidando i suoi articoli come “atti di sciacalleria dettati da furore ideologico”. Purtroppo per gli abitanti di quella valle, gli sciacalli erano altri e così il massacro annunciato si consumò, e la commozione e le inchieste arrivarono
quando le bare erano già chiuse. Tina Merlin, anche dopo quel 9 ottobre, continuò
la sua battaglia per reclamare giustizia e verità per le vittime e p
er i loro familiari, ai quali per decenni è stato negato persino l’indennizzo, e la vicenda non si è ancora conclusa definitivamente. In queste ore Autorità di ogni tipo e colore andranno a Longarone per ricordare quei giorni. Noi, invece, abbiamo voluto ricordare Tina Merlin la cronista che aveva cercato di impedire il massacro e che, proprio per questo, si indignava quando sentiva parlare, a proposito del Vajont e non solo, di ” tragica fatalità”.
«Oggi tuttavia non si può soltanto piangere, è tempo di imparare qualcosa.»
Angelo Gentilini