22 febbraio 2016

"L'uomo che visse tre volte", di Claudio Caprara.

Erano amici Enrico e Amedeo. Di quelle amicizie che durano per sempre. Amici come lo possono essere due che hanno fatto tante cose insieme. Cose appassionanti. Cose per cui si rischia la pelle. Cose che tatuano nel cuore la parola “Compagno”. Amedeo era più grande. Era nato in un’epoca buia, quando la Prima Guerra Mondiale era cominciata da poco. In campagna, in mezzo al niente e campi di grano. Da due mesi aveva sposato Iole, compagna di scuola di Enrico, che era stato testimone al loro matrimonio. Enrico aveva sempre il sorriso stampato sulla sua bella faccia. Dov’era lui, era festa. Era di una famiglia genericamente cattolica e per il suo carattere aperto e gioioso gli volevano bene in tanti. Era diventato partigiano quasi da bambino e la politica per lui era un modo di esprimere generosità, freschezza e spontaneità. Faceva caldo il 27 agosto del 1950 a Ponticelli, una frazione di qualche centinaia di abitanti a 6 chilometri da Imola. Il mondo sembrava lontano: da pochi mesi, era scoppiata la Guerra di Corea, proprio quel giorno – ma chissà se qualcuno se ne sarebbero accorto in quel paese sulle rive del Santerno – si sarebbe suicidato Cesare Pavese. Quegli stessi giorni erano particolarmente intensi per il mondo cattolico: i preti, anche in quel fazzoletto di terra tra Romagna ed Emilia, erano infervorati per l’approssimarsi della chiusura dell’anno giubilare e per la pubblicazione della XIX enciclica del Papa Pio XII dal titolo Humani Generis dedicata alle «false opinioni che minacciano l’integrità della dottrina cattolica». Si trattava di un documento importante che affrontava il tema dell’esoterismo e del satanismo. Il diavolo, infatti, veniva talvolta affiancato al famigerato decreto del Sant’Offizio del 1 luglio 1949, noto come la “scomunica dei comunisti”.....
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Angelo Gentilini, da Robe di Cap.