Anna Pariani, Consigliera Regionale PD
07 aprile 2013
L'intervento di Anna Pariani
È evidente che le recenti elezioni politiche ci consegnano un quadro delicatissimo e di ingovernabilità anche e soprattutto a causa di una legge elettorale (non a caso definita Porcellum) che di fatto impedisce di avere una maggioranza al Senato a chi non vince in Lombardia. Ma questa evidenza che pure è importante sottolineare non deve distoglierci da una analisi politica di cosa ha prodotto un risultato tanto complesso e chr ha fatto pagare al Partito Democratico un prezzo più alto di altri per il sostegno al governo Monti. Penso a due fattori prima di tutto: l’aggravarsi della crisi economica e sociale con ricadute sull’occupazione pensantissime senza che da parte del Governo Monti, pur se sollecitato dal PD, venissero prese misure di crescita ed equità, e, dall’altro, il fatto che la “strana maggioranza” dominata dai numeri parlamentari prevalenti che aveva il PDL non è riuscita a portare a concretezza le riforme istituzionali e sui costi della politica. Il nostro elettorato, più sensibile su entrambi questi temi rispetto alla destra, ha chiesto cambiamento, anche fuggendo verso chi proponeva una svolta più radicale ed anti-sistema come il Movimento 5 stelle, che è stato in grado di attrarre voti proprio di fronte a una poltica che è sembrata non in grado di risolvere i problemi e svolgere la funzione di cui i cittadini la investono. Di fronte a questo quadro è evidente che anche nel PD deve aprirsi una riflessione politica sulle cause profonde del segnale che queste elezioni ci mandano, per guidare sia i nostri prossimi passi che il futuro del PD, tuttavia le discussioni interne sul PD oggi sono inutili e sterili. Dobbiamo prioritariamente dare una prospettiva di uscita da questa crisi al paese che permane in uno stato di gravissima crisi sociale, per il confronto politico interno e per il congresso ci saranno i tempi e modi indicati da Bersani in primo luogo. Infatti, nonostante un risultato di certo deludente, la coalizione “Italia bene comune” guidata dal PD di Bersani ha ottenuto la maggioranza assoluta alla Camera e relativa al Senato, ed in base a questo, ossia al consenso degli elettori , ha il dovere di interpretare questa richiesta di cambiamento, maggioritaria nel Paese come nelle aule del Parlamento. Ed è stato proprio questo il senso del tentativo di Bersani di dare vita ad un governo su 8 punti di svolta, per il lavoro, i tagli dei costi improduttivi, le riforme istituzionali e la moralizzazione della politica. Onorare il patto con gli elettori facendosi interpreti della domanda forte che arriva dal paese, produrre un cambiamento che superi le politiche di austerità e ridia credibilità a politica e istituzioni. Tuttavia dobbiamo prendere atto che il Movimento 5 stelle ha fin’ora scelto una linea di totale irresponsabilità imprendendo in ogni forma la nascita di un possibile governo di cambiamento, con un strategia imposta da Grillo ha condotto nei fatti a un prolungarsi del Governo Monti e cerca in tutti i modi di spingere PD e PDL a ripetere la disastrosa esperienza della “strana maggioranza”. Di fronte a questa ipotesi il Partito Democratico deve continuare a esprimere una parola chiara: nessun governo PD-PDL perché questo sarebbe la riedizione di una stagione già bocciata dagli elettori e che non sarebbe in grado di realizzare gli otto punti di cambiamento, azioni contro la crisi per il lavoro e la crescita, moralità della politica e riforme istituzionali che al paese servono e per il PD sono prioritarie. Non siamo disponibili a sostenere qualunque governo ma cerchiamo nel parlamento il sostegno alla proposta politica di cambiamento che interpreti le necessità del paese, di chi ha subito in maniera più pesante la crisi e chi si aspetta un segnale importante dalla politica. Se questo non è possibile per l’irresponsabilità del M5s si dovrà tornare al voto dopo aver cambiato la legge elettorale. Ora occorre proseguire sulla strada del cambiamento anche proponendo una figura capace di unire questa prospettiva come Presidente della Repubblica e poi consentire un nuovo tentativo per il governo di cambiamento.