09 aprile 2013

Le responsabilità politiche di Matteo Renzi

Ora tutti sono giustamente allarmati per lo stallo politico-istituzionale in cui ci siamo infilati. Bene, anzi male, ma credo sia utile fare un passo indietro di qualche anno per capire che chi ora grida a gran voce forse ha contribuito più di altri nel depotenziare la reale necessità di cambiamento e di discontinuità dalle politiche liberiste che da anni producono danni e disuguaglianze economiche inaccettabili. E vengo al sodo. E’ chiaro che in Italia c’è una gran parte di cittadini che a prescindere dai loro interessi e collocazione sociale vota a destra e questo non è una cosa di poco conto per la governabilità equa e solidale di un Paese. In un contesto sociale cosi atipico il maggior partito dell’area di centro-sinistra, il Pd, durante l’ultimo Governo Berlusconi doveva tessere la tela in ogni direzione socio-economica per preparare l’alternativa, doveva dimostrare compattezza, solidità ed indicare unitariamente e con coesione la via da seguire. Ma non lo ha fatto e non credo che la “colpa” sia del buon Bersani, che provava a tessere ma che nel contempo doveva preoccuparsi, oltre misura, di tenere unito il partito di cui è Segretario. Credo che sia chiaro e sempre più evidente che le responsabilità delle divisioni interne, che hanno limitato l’azione di analisi, stanno dalla parte dei renziani o diciamo delle correnti  che tendono di più a destra. Tanto che chiedevano sistematicamente le dimissioni di qualsiasi dirigente del Pd che voleva sostenere le piazze dei lavoratori in lotta, organizzati dalla Cgil e a volte solo dalla Fiom-Cgil, avendo come riferimento altri sindacati, che paradossalmente avevano in corso un patto di ferro con Berlusconi e Sacconi. E’ bene ricordare che sempre Renzi stava dalla parte di Marchionne e non dei lavoratori ricattati, ha contrapposto adulti e giovani dimenticando che il tracollo del lavoro tocca tutti quanti, anche quelli che lui definiva “garantiti”, poi durante le primarie, a danno fatto, ha furbescamente rivisitato le sue posizioni. Mi sembra anche di ricordare che mentre una parte del Pd era critico sulle riforme del mondo del lavoro e delle pensioni Monti-Fornero, Matteo fosse ben schierato e sempre ben sostenuto da noti proletari come Luca Cordero di Montezemolo e a volte elogiato perfino da Berlusconi,  che sbagliando andò ad incontrarlo ad Arcore invece di Palazzo Chigi. E cosa si deve pensare sull’assenteismo che ha verso l’organizzazione politica del partito che è rappresentanza, democrazia, proposte, analisi, soluzioni condivise. Renzi da “comunicatore professionale”, che era il suo mestiere prima della politica, è troppo furbo, ma cavalca sempre dopo le proposte di altri, non prima, peccato che nel frattempo i danni  sono stati amplificati proprio da chi arriva dopo. Lo slogan “rottamare” è stato sposato ad hoc per attirare le simpatie dei tanti disinformati e che si trovavano imbarcati su una nave da anni alla deriva. Pur condividendo la necessità di cambiamento e rinnovamento ci si deve porre il problema di quale è la linea politica che determina i nuovi equilibri e si deve aver ben presente che dal 1945 ad oggi, in 68 anni, ha governato la destra per 60 anni e il centro-sinistra per 7/8 anni. Inoltre io ritengo che la legalità sia un valore e pur non essendo ossessionato credo che anche Berlusconi debba rispettare le leggi, come tutti. Come per me resta un valore l’Unità, giornale fondato nel 1924 da Antonio Gramsci.  In conclusione arrivo ai massimi finanziatori del sindaco di Firenze e del suo tour “BigBang”. Un milione di euro raccolti con i sostenuti assegni del finanziere David Serra, da Guido Ghisolfi della multinazionale della chimica Mossi, dall’ex presidente Fiat Paolo Fresco, dal banchiere Guido Roberto Vitale, da Fausto Boni, ex McKinsey & Company, dall’immobiliare Blau Meer, ed altri noti personaggi in linea con i sopra citati che storicamente non sono mai stati sensibili verso un mondo culturalmente socialista, equo, giusto e solidale. Egregio Renzi se ti interessa il mio sostegno devi cambiare linea, perché in fondo in fondo, da anni, persino Mario Draghi, nelle sue analisi rischia di essere più a sinistra di Lei e l’alternativa alle politiche liberiste non può essere un nuovo liberismo un po’ più democratico che oltre il finanziamento e il costo della politica non pensa di riformare lo stato delle cose a monte, dove, tra l’altro, stanno gran parte dei suoi potenti finanziatori. Questo è un modo gattopardesco di fare politica, far vedere che si cambia tutto per non cambiare niente, Signor Matteo
Angelo Gentilini