averla sentita l'altra sera conversare amabilmente con l'acquiescente Fabio Fazio mi ha indignato, offeso e mortificato profondamente. Lei, nelle vesti di Presidente del Consiglio, ha affermato che le politiche scolastiche tese all'investimento sarebbero state bloccate dalla resistenza degli insegnanti, indisponibili a lavorare 2 ore in più la settimana a parità di stipendio. Sono rimasto avvilito perché già immaginavo quello che sarebbe successo: un'impennata del suo indice di gradimento, visto che, epigono ad esempio, del pessimo Renato Brunetta, sbugiardava una volta di più quegli imboscati nullafacenti che lavorano solo 18 ore. Immaginavo anche (ma era facile) la scontata, ovvia ondata di persone che si sono precipitate sul web a vomitare ingiurie e improperi su una realtà che dimostrano di conoscere soltanto attraverso le chiacchiere da bar e interventi menzogneri e fuorvianti quale è stato il Suo. Naturalmente l'intervistatore ben si è guardato dal dire che le ore non erano due, ma sei o che l'aumento orario sarebbe stato un inaudito 33%,
o che un docente italiano ha un impegno di servizio assolutamente in linea con la media europea; voglio immaginare che tale astensione non sia dovuta ad una conduzione servile della trasmissione, ma al fatto che
queste sono cose che Lei ben conosce. Ma ciò che mi ha più disgustato è stato il chirurgico proseguire nel suo rivoltante intervento; Lei, che appartiene al più corporativo dei mondi possibili (quello bancario), ha dato dei corporativi agli insegnanti, che rappresentano, invece, una delle categorie più vilipese e sbertucciate di questo Paese. Ha dato del corporativo a quel mondo che ha sopportato, negli anni, un devastante taglio in termini di finanziamenti e di risorse logistiche e umane, taglio condito da una costante denigrazione di chi, nella Scuola e per
Certo, non devo dirlo io: una persona abituata a far la voce grossa con Microsoft e a trattare con la cancelliera di ferro, sa bene dove vuole andare a parare quando dice le cose; intendiamoci: non che questo sia garanzia di verità, ovviamente? tutt'altro. Ma Lei conosce bene il significato delle cifre e se dice ?due? anziché ?sei?, se fa intendere che nella scuola si manipolano gli studenti, che il male sta tutto negli insegnanti che non vogliono adeguarsi al nuovo che avanza, allora ci si deve chiedere: dove vuole andare a parare? Cosa vuole ottenere? In questo suo intervento, ripeto: chirurgico, Lei ha gettato un’altra ondata di fango sui docenti; che squallore, che pochezza morale, che laida menzogna servita a mò di verità! Certo Lei, con questa rivoltante allusione, punta ad evitare che gli studenti e le famiglie si uniscano ai docenti per reclamare una politica scolastica più consona ai più profondi bisogni di questo Paese, che riesca a restituire un po? di quel futuro che le dissennate amministrazioni che l?hanno preceduta (unitamente a quel mondo da cuiLei proviene) hanno smantellato. Ciò che vuole nascondere è una verità palese e diversa: Lei e altri prima di Lei hanno considerato la Scuola soltanto come un comparto per fare cassa, salvaguardando e privilegiando ben altre lobby e corporazioni che non quella dei docenti, speculando soprattutto sui giovani ai quali si darà meno qualità nell’istruzione. Finchè argomentazioni come le sue venivano dall?ex (per fortuna) Ministro Gelmini, le si attribuiva il peso che avevano: praticamente il nulla. Questa volta è diverso; non perché Lei abbia detto la verità, come sappiamo bene in molti, Lei per primo! La Sua autorevolezza, anche in campo internazionale, infatti è ben diversa da quella che (non) aveva chi l'ha preceduta. Il Suo intervento è stato vigliacco e infame, vigliacco perché condotto attraverso il servizio pubblico e senza interlocutorio, infame perché attraverso ben calibrate menzogne ha contribuito a radicare un’immagine distorta e ulteriormente svilita di chi lavora nella Scuola. Quel Suo cinico argomentare, quel maramaldeggiare, quel mentire smaccatamente da una posizione di forza mi hanno deluso e prostrato. Ma solo per poco, come Lei sa, anche le formiche, nel loro piccolo, si incazzano! Con profonda, profondissima disistima.
Prof. Giuseppe Gurnari