Piano, piano, il mio gruppo del 54/55 divenne autonomo dai più grandi, anzi a volte qualcuno di loro chiedeva di essere invitato alle nostre feste e questo per noi era un grande riconoscimento. Giunti sui 17 anni i 7 componenti del patto del “divano rosso” decidemmo che si doveva fare il salto di qualità attrezzandoci un nostro luogo disgiunto da ogni realtà familiare e che si identificasse come il nostro punto di ritrovo.
Mi soffermo per spiegare il patto del “divano rosso”, che era sopraggiunto allorché emerse la necessità di arredare la mia cantina con un divano riservato alle nostre feste. Praticamente chi sostenne l'acquisto del divano era socio-sostenitore delle nostre attività danzanti ed aveva il pieno diritto di essere sempre presente, a prescindere dal numero dei partecipanti, ragazze e ragazzi. Mentre gli altri ragazzi che non avevano contribuito erano invitati con decisione a maggioranza dei 7 soci-sostenitori considerando anche il numero delle ragazze partecipanti, che in quegli anni non erano ancora indipendenti dalle famiglie e perciò non sempre potevano essere tutte presenti. Ritornando alla precedente narrazione, riuscimmo a trovare una casa colonica vicino al "Molino Paroli" che veniva in parte usata dai proprietari come magazzino, mentre aveva libero tutto il primo piano. Concordammo un piccolo affitto e sul finire di quell'estate ci mettemmo al lavoro per sistemare il posto al meglio incassando anche una novità di genere, che consisteva nel coinvolgimento operativo di alcune delle nostre amiche. Tutta la pavimentazione degli ambienti disponibili erano in pietra rossa e le tiranno a lucido. Idem per le scale in cui verniciammo le pareti di verde illuminate da alcuni faretti sempre verdi che è il colore della speranza. Poi oltre a vari ripostigli avevamo a disposizione due belle sale. Nella più grande facemmo la sala disco dance, ovviamente illuminata con vari faretti colorati, e dipingemmo le pareti e il soffitto di azzurro cielo, poi in una parete disegnammo alcune note musicali, nella seconda un ragazzo e una ragazza stilizzati che si tenevano per mano, nella terza due grandi occhi convergenti da cui scendevano due lacrime color rosso, e l'ultima parete la lasciammo libera per le firme dei partecipanti alle nostre feste.
Nella sala più piccola attrezzammo il punto bar e conversazione con il “divano rosso” e luci rosse. Inoltre dipingemmo di nero tutte le pareti, poi ricalcammo una significativa camminata bianca, con stampa da piedi originali riverniciati ad ogni passo, che partiva dalla base del pavimento per salire e attraversare tutto il soffitto e ridiscendere dall'altra parte del pavimento. Infine nella parete dove partiva la camminata scrivemmo a grandi caratteri color rosso il nome del nostro nuovo ritrovo: “Follow Me Club”, che significa “seguimi”, oppure come sostantivo “Sonoquì”. E' superfluo dire che il nostro piccolo club raccolse fin da subito tanti consensi e nuove adesioni, allargando il bacino territoriale dei partecipanti legati e legate anche alle diverse scuole superiori che noi frequentavamo. Ma purtroppo la bella storia di quel luogo durò giusto il tempo di una stagione, e poco di più, perché il proprietario si infastidì dell'alta frequentazione alle nostre feste e non ci rinnovò più la disponibilità all'uso di quella casa che da un vecchio e disordinato magazzino l'avevamo trasformata in una chicca artistica New Wave.
Angelo Gentilini