In questo periodo, essendo in corso d’opera la Legge di Stabilità, si è
molto concentrati sulla distribuzione e sul reperimento delle risorse e si
cerca un equilibrio tra quanto si recupera dal contributo sulle pensioni d’oro
sopra i 90.000 euro, la rivalutazione al 100% delle pensioni almeno fino a 6
volte la minima, la quota economica della no-tax area, i fondi per la non
autosufficienza. In riferimento a quanto scritto sopra continua la mobilitazione dei pensionati dello Spi-Cgil, Fnp-Cisl e Uilp, che hanno in agenda dei presidi a Roma, dal 3 al 6 dicembre al Pantheon, il 9 e 16 dicembre davanti al Parlamento, ed inoltre sono in cantiere altre iniziative e manifestazioni regionali. In tutti i casi
restano evidenti delle grandi disparità e che nonostante la quota contributiva
sullo stipendio sia elevata non risultano delle pensioni ad livello mediamente
soddisfacente, perché sono in proporzione a dei salari tra i più bassi
dell’euro-zona e dell’area Ocse. Detto questo non abbiamo dimenticato, oltre agli
esodati, le storture provocate dalla riforma Fornero, ed in particolare le
riduzioni previste per chi matura il requisito dopo il 31 dicembre 2017,
qualora la contribuzione derivi esclusivamente da prestazione effettiva di
lavoro, e non abbia ancora compiuto i 62 anni d’età. Ricordo che la riduzione è
pari al 1% per i primi 2 anni, sotto i 62, ed elevata al 2% per gli altri anni
mancanti alla suddetta età, applicata sulla parte maturata fino al 31/12/2011.
Considerato il continuo incremento degli anni di contributi utili per maturare
il requisito della pensione, che nella fattispecie del 2014, saranno per le
donne 41 anni e 6 mesi e per gli uomini 42 anni e 6 mesi, si arriva al 2017/18
con le quote di 41 anni e 10 mesi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli
uomini. In questo contesto si aggrava la
posizione di chi matura il requisito dopo il 31 dicembre 2017 e riporto un
esempio da una nota-info della Cgil. Un lavoratore nato nel 1960, che ha
iniziato a lavorare a 15 anni, maturerà i requisiti a luglio 2018 ( 42 anni e
10 mesi), ma a tale data avrà 58 anni d’età e subirà una penalizzazione pari al
6% sulla quota di pensione maturata fino al 31 dicembre 2011. Nel caso non
volesse subire la penalizzazione dovrebbe lavorare fino a 62 anni, arrivando a
46 anni e 10 mesi di contribuzione. E’ mai possibile tutto questo??? Si deve revisionare tutto l’assetto della riforma Fornero,
eliminando le ingiuste penalizzazioni ed includendo anche quelle parti ora
mancanti per il conteggio della effettiva prestazione di lavoro, come la
mobilità, la Cigs ,
i permessi per l’assistenza ai disabili, versamenti volontari e riscatti.
Infine in relazione alla crescente disoccupazione giovanile, che è arrivata ad
oltre il 41%, resta fermo e spontaneo chiedersi: “Che senso ha tenere a
lavorare degli uomini e delle donne fino ad un’età avanzata, quando ci sono
tanti giovani che non lavorando non riescono a pianificare un minimo di
programma per il loro futuro e per il futuro delle loro eventuali famiglie???”.
Angelo Gentilini