17 luglio 2014

La crisi e le ex aziende imolesi....?

Sotto incollo e rilancio un post che scrissi 5 anni fa per denunciare i danni industriali che stavano creando nel nostro territorio vari gruppi e multinazionali, nella loro navigazione mondiale. Allora si diceva, "per fortuna che ci sono le cooperative". Ora siamo in difficoltà anche con alcune cooperative che erano dei colossi nazionali e mentre sembra che la ex Cognetex, pur impoverita, torni a casa, si legge che è definitivamente fallita anche quel che restava della Castelli a San Giovanni in Persiceto. Purtroppo i nodi vengono al pettine e i nodi intrecciati da oltre 20 anni di neo-liberismo sono molto spessi e i pettini sempre più stretti, perciò con forza e urgenza si deve operare per curare la malattia e non solo i conseguenti e disperati ammalati. Da troppi anni mancano, in ogni settore, dei piani nazionali aggiornati a sostegno di un nuovo e diverso modello di sviluppo, in sinergia con gli altri Paesi europei e contestualmente con il mondo della produzione globalizzato. Fino a poco tempo addietro si incolpavano le aziende italiane in crisi di essere poco presenti nel mercato mondiale, perchè quelle che lo erano stavano andando bene e vanno ancora meglio delle altre. Il problema esiste, ma la questione è un attimo più complessa e non di facile risoluzione. Intanto il mercato italiano è legato all'80 % alla domanda interna e l'export è solo il 20%. Recuperare il gap è difficile perchè la concorrenza estera è notevole e agguerrita e perchè le aziende italiane faticano ad impostare delle strategie produttive e commerciali di filiera, anche all'interno dello stesso mondo delle cooperative ed anche tra aziende vicine territorialmente. Inoltre è sempre più evidente che in Italia si è impoverito il valore del lavoro, pensando che fosse sufficiente e necessario per garantire la competitività delle aziende, mentre le analisi economiche più illuminate ci dicono che la redistribuzione della ricchezza e del lavoro è un grande motore di sviluppo. Deve essere inoltre chiaro che in campo ci possono essere 2 culture, una è la cultura e la strategia economica neo-liberista, due potrebbe essere la cultura economica socialista e dell'equa redistribuzione. Detto questo, non è possibile rivendicare un mondo più giusto ed uguale, se poi i popoli sostengono politicamente ad ogni tornata elettorale le forze neo-liberiste. Tra l'altro la cultura neo-liberista, e in Italia ha spopolato la peggiore e cioè quella senza regole, ci ha portato dentro i propri orticelli, facendoci credere che se sei bravo e ti dai da fare, te la cavi e hai successo. Io credo, con grande serenità, che si debba iniziare ad uscire dagli orticelli e si debba rivedere il bene collettivo, quale indispensabile prerogativa per il bene individuale, rivalutando il vero valore della democrazia partecipativa e mettendo nel fondo dei cassetti la mentalità legata alla democrazia delegata, perchè di questo passo son stati creati troppi ed enormi danni, oltre le nostre singole vite, soprattutto per il futuro delle generazioni a venire.

 Angelo Gentilini

29/7/2009:LE MULTINAZIONALI E LE EX-AZIENDE IMOLESI

Nel contesto della crisi economica-occupazionale mondiale che avanza, il territorio imolese è penalizzato dalle multinazionali che hanno prelevato aziende locali. Vedi la ex-Cognetex, la ex-Castelli, la ex-Benati e per ultima si aggiunge la ex-Silectron, ora CHLORIDE-ITALIA che incomprensibilmente licenzia 6 dipendenti, alla luce degli ottimi risultati di bilancio 2008. Si aprono nuove vertenze sindacali e giustamente si lotta per contrastare la logica del profitto senza regole, con la delocalizzazione produttiva-speculativa e una globalizzazione affrettata che produce enormi danni sociali-economici-ambientali. La mia coscienza di lavoratore soffre ed è indignata perché queste ex-aziende imolesi erano state “tirate su” da tanti lavoratori/trici, tecnici, dirigenti locali che con passione e capacità professionale avevano creato delle “eccellenze”. Sulla storia e sulle sorti delle ex-aziende imolesi dovremmo tutti riflettere a fondo e forse capiremmo che “ci è stato sottratto” un pezzo di cultura sociale-industriale… che non ci sarà mai più restituita!!!

Angelo Gentilini