19 giugno 2025

Dare meno soldi alle armi e di più a sanità, scuola e servizi generali.

La gestione economico-finanziaria di un Paese dovrebbe seguire le stesse logiche di una famiglia: stabilire delle priorità in base ai bisogni. L’Italia, non essendo uno Stato florido, dovrebbe scegliere con attenzione, ma il governo sembra avere priorità discutibili, riducendo le spese per la salute e aumentando quelle militari, giustificandole con la necessità di difendere i cittadini da minacce esterne.

Nel 2025 la spesa militare supererà per la prima volta i 30 miliardi, con 13 destinati alle armi. Si prevede un ulteriore incremento al vertice NATO del 25 giugno. In risposta, numerose associazioni organizzano la manifestazione “Stop Rearm Europe”.

Le spese militari sono considerate da molte associazioni uno spreco enorme e insostenibile, specialmente in un Paese dove il 25% della popolazione è a rischio povertà assoluta e 4,5 milioni di persone non si curano perché non possono permetterselo. I fondi per guerra e armamenti potrebbero invece essere destinati a sanità, scuola e trasporti pubblici.

Anche dal punto di vista occupazionale, la sanità genera più lavoro degli armamenti: 12.000 posti contro 3.000 per ogni miliardo speso.
Secondo Sbilanciamoci!, servono meno armi e più servizi. Tagliando alcune voci di spesa militare, si risparmierebbero miliardi da investire in diritti. Ad esempio, un sottomarino costa quanto 8.000 infermieri per 5 anni, un carro armato come 597 apparecchiature Tac, un cacciabombardiere come 6.500 residenze universitarie. Chi accusa di populismo chi propone questa visione, ignora la realtà quotidiana vissuta da chi non ha accesso ai servizi essenziali. Populista, conclude il testo, è chi spende per le armi mentre i cittadini soffrono.
Angelo Gentilini, da info www.collettiva.it  www.facebook.com/collettiva.it